22 febbraio 2012

Sei ore cala, sei ore cresce

Questa mattina mi sono svegliata con un'insostenibile senso di mancanza. Appena ho aperto gli occhi era lì, in agguato come un avvoltoio nel deserto: forte, pungente e pesante. Ci ho messo un pò a capire che quel vuoto che sentivo, quell'assenza che avvertivo non era di una persona, nè di una cosa, ma di un luogo.
Questa mattina mi sono svegliata sentendo la mancanza di Venezia.
E' una cosa che mi succede spesso e c'è poco che io possa fare in proposito. L'unica soluzione sarebbe salire su un treno e andare. Perchè quello che mi lega a Venezia è, molto semplicemente, un richiamo del sangue, il mio, che si ripresenta a periodi, che mi attrae come una calamita. I miei nonni paterni erano di San Stino di Livenza, piccolo centro abitato posto sulle rive del fiume Livenza, appunto, a poco più di cinquanta chilometri dal suo capoluogo di provincia, Venezia. Ho capito con il tempo che quella città ha su di me lo stesso effetto della Luna sulla marea: sei ore cala e sei ore cresce. Non si scappa. E se ci sono periodi in cui dentro di me una vocina sussurra:"bhè, no, dai, non ci vado più", il sangue poi chiama e mi smentisce, mi fa capire che si, le radici sono forti e profonde.
Ma c'è di più. Io non ho girato il Mondo, questo no. Sono stata in alcuni Paesi, ho visto bellissime città, in un paio di esse ho lasciato il cuore (Berlino, sopra tutte), ma solo a Venezia ho lasciato l'anima. O meglio, la parte della mia anima che è più leggera, priva di pesi, pensieri, angosce e paure. Perchè Venezia è l'unico posto in cui io mi sento in pace con me stessa. Durante il mio secondo soggiorno, ho girato tutta la città a piedi. Tutta. Ho poi controllato sulla cartina. Ho fatto come Forrest Gump quando decide di andare a correre un pò: ogni volta che arrivavo al mare e dovevo per forza fermarmi perchè la terra (se poi di terra si può parlare, a Venezia) finiva lì, mi voltavo e ricominciavo a camminare. Così ho scoperto angoli di città in cui i turisti non vanno, per fortuna mia e di Venezia stessa. Alla fine avevo le gambe a pezzi, i piedi somigliavano a due frittelle ed ero incredibilmente, totalmente felice. Perchè non c'era stato un angolo brutto o una calle che non mi avesse lasciato qualcosa. Venezia è intrisa di immaginario. Non c'è frammento di palazzo che non sia stato ritratto in qualche film o in qualche romanzo. E' un continuo fotografare, cercare di catturare bellezze e particolarità. Penso che sia grosso modo quello che succede con New York, altra città completamente regalata alla visione cinematografica. E quando smetti di camminare, ti fermi a pensare, senti su di te il peso (ma non pensante, un peso leggero) della storia, della cultura, della tradizione, del teatro, del cinema, del passato e del presente. Senti di aver fatto qualcosa.
E' un concetto che non so spiegare bene, perchè si basa su sensazioni e sentimenti. Credo solo che ognuno di noi abbia un suo posto, un posto in cui si sente a casa. Per me quel posto è Venezia.
Henry James ha scritto che Venezia è come un interno, un appartamento fatto di corridoi e salotti: si cammina sempre dentro, non si è mai veramente fuori, non esiste l'esterno nemmeno per strada.
Dicono che sia proprio per questo che le maschere sono così diffuse in città: perchè in tutta questa intimità forzata, i veneziani hanno sentito la necessità di nascondersi dietro qualcosa, di crearsi un paravento per celarsi quando è necessario.
Infine non posso tralasciare uno degli aspetti che più mi fanno amare questa città originalissima: non ci sono le auto. Quando sono tornata a Torino, ho fatto un piccolo elenco di tutte le cose che non mi mancavano mentre ero a Venezia: erano tante, la maggior parte collegate all'assenza del suddetto mezzo di trasporto. Perchè senza auto vengono a mancare una serie di cose fastidiose come i clacson, i semafori (e la conseguente attesa del verde per attraversare), le striscie pedonali, gli antifurti, il rumore dei motori e l'odore dei gas di scarico.  Non ci sono nemmeno quelli che vanno in bicicletta sul marciapiede, sotto i portici, gli scooter che ti sfrecciano accanto senza curarsi di te, non ci sono mille venditori ambulanti che cercano di venderti fazzoletti e accendini...Insomma, questo elenco forzatamente ristretto è un modo (uno in più, anzi) di farvi capire perchè stamattina mi sono svegliata sentendo la mancanza di Venezia. E, per chi volesse saperlo: no, non credo che mi passerà.


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